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Regjistruar: 18/12/2002
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Niccolņ Machiavelli
Firenze 1469-1527). Discendente da famiglia che diede numerosi magistrati a Firenze, ma che per non essersi dedicata ai commerci visse di un modesto patrimonio, fece i suoi studi in casa sotto la guida di un maestro Matteo dal quale imparņ bene il latino. Dopo la fine del Savonarola, nel maggio 1498 entrņ nella carriera politico-diplomatica e fu nominato segretario della seconda cancelleria. Di un anno appena posteriore allaccesso ai pubblici uffici č il primo suo scritto di materia politica, il Discorso fatto al Magistrato dei Dieci sopra le cose di Pisa, che nonostante lacerbitą dello stile rivela gią la logica rigorosa e il realismo che avrebbero caratterizzato gli scritti della maturitą. Nel 1499 ebbe due legazioni di non grande importanza, connesse alle esigenze della guerra di Pisa, presso Iacopo IV Appiani signore di Piombino e presso Caterina Sforza Riario; nel maggio dellanno successivo fu inviato con incarichi pił delicati alla corte di Francia e rimase lontano da Firenze per sei mesi. Tornato in patria ebbe varie altre missioni diplomatiche in Toscana, delle quali le pił importanti furono, nel giugno e nellottobre 1502, quelle presso il Valentino, il quale, profittando della ribellione di Arezzo e della val di Chiana, minacciava lintegritą del territorio fiorentino. Il Machiavelli fu mandato a Roma dove direttamente poté osservare la fine della fortuna del Valentino e rendersi conto degli umori del nuovo papa, al quale egli stesso indicņ i pericoli dellespansione veneziana in Romagna. Dopo la disfatta francese al Garigliano fu inviato una seconda volta in Francia, da dove ritornņ nel marzo 1504. Altre missioni dovette assolvere presso Giampaolo Baglioni signore di Perugia e a Siena presso Pandolfo Petrucci.
Nel 1506 si dedicņ con grande passione alla difficile questione del riordinamento delle milizie fiorentine, e sulla fine dellanno quando venne istituito lufficio dei Nove dellordinanza e della milizia ne fu nominato cancelliere.
Alla fine del 1507 andņ presso limperatore Massimiliano I, alla cui corte gią si trovava in qualitą di ambasciatore di Firenze Francesco Vettori: soggiornņ specialmente in Svizzera e Tirolo e dalle osservazioni sui costumi tedeschi ricavņ lacuto Rapporto delle cose dAlemagna, rielaborato poi nel 1512 nel Ritratto delle cose della Magna. Presso limperatore stette sino al giugno 1508. Nel 1509 presente alla resa di Pisa fu tra coloro che sottoscrissero latto di sottomissione; si recņ poi a Mantova e a Verona dopo la disfatta di Agnadello in legazione presso limperatore Massimiliano.
Frattanto, poiché la svolta della politica di Giulio II in senso antifrancese rendeva estremamente precaria la posizione di Firenze, il Machiavelli partģ per la Francia con incombenze diplomatiche assai delicate: due furono allora le sue legazioni, la prima nel 1510 e la seconda nel 1511.
Il 16 settembre 1512 i partigiani dei Medici occuparono il palazzo della Signoria e la repubblica cadde. Il Machiavelli fu naturalmente coinvolto nella reazione che seguģ: non solo venne allontanato dai suoi uffici, ma sospettato di complicitą nella congiura di Pietro Paolo Boscoli nel febbraio 1513 fu per breve tempo imprigionato. La sanzione ultima fu di lģ a poco la condanna al confino: si ritirņ allora nella sua casa dellAlbergaccio a SantAndrea in Percussina presso San Casciano, occupandosi dellamministrazione del piccolo patrimonio familiare, ma intanto dalla corrispondenza con gli amici e specialmente con Francesco Vettori cercava di avere notizie della vita politica, che restava pur sempre la sua passione, e soprattutto si dedicņ nel raccoglimento e nello studio a comporre le opere nelle quali il suo pensiero si spiega in sintesi luminosa.
Divenendo il confino progressivamente meno rigoroso il Machiavelli poté recarsi di tempo in tempo a Firenze, dove frequentņ anche le riunioni degli Orti Oricellari. Nel novembre 1520 venne stipendiato per due anni per scrivere la storia di Firenze. Lanno seguente fu mandato a Carpi presso il capitolo generale dei frati minori che Firenze voleva staccare dagli altri confratelli, e da quellufficio di scarso rilievo trasse spunto un interessante carteggio col Guicciardini che si trovava allora a Modena. Tornato a Firenze il suo maggiore impegno fu attendere a scrivere la storia "a fiorini di suggello", ma le vicende private di quegli anni non ci sono in tutto note: certamente non subģ persecuzioni per la congiura del 1522 contro il cardinale Giulio de Medici, alla quale parteciparono alcuni dei frequentatori degli Orti Oricellari; sappiamo che in quel periodo si colloca lamore per una donna fiorentina, la Barbera, recatosi espressamente a Roma nel maggio 1525, a Clemente VII, al quale, durante il soggiorno romano, il Machiavelli propose anche di tentare in Romagna un arruolamento conforme a quello da lui sperimentato con l"Ordinanza della milizia". A tal fine fu mandato presso il Guicciardini, allora presidente della Romagna, ma questi giudicņ irrealizzabile il piano dellamico. Lanno seguente nellimminenza della guerra tra la lega di Cognac e Carlo V ebbe finalmente una mansione politica importante: fu nominato provveditore e cancelliere dei Procuratori delle mura, una magistratura che avrebbe dovuto provvedere alla difesa di Firenze; e per ragioni del suo ufficio ebbe anche occasione di recarsi presso Giovanni dalle Bande Nere. Ma la sconfitta della lega e gli errori di Clemente VII determinarono nel 1527 la cacciata dei Medici da Firenze e la breve instaurazione della Repubblica. Invano sperņ allora di avere un incarico nel nuovo governo: per letą avanzata e soprattutto per essersi compromesso con i Medici fu lasciato in disparte e forse lamarezza sofferta affrettņ la sua fine: dopo breve malattia la morte lo colse il 21 giugno.
Le opere
Tra le opere anteriori all'esilio sono da ricordare "Belfagor", novella arguta e succosa; "Decennale primo" e "Decennale secondo", in cui espone in terzine le sciagurate vicende italiche dal 1494 al 1508; "Ritratto delle cose dell' Alemagna"; "Ritratto delle cose di Francia"; Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nell'ammazzare Vitellozzo Vitelli, ecc.".
Durante l'esilio scrisse le sue opere maggiori: "Il Principe" ed i "Discorsi sopra la Prima deca di Tito Livio".
"Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio", č un trattato che commentando passi dei primi dieci libri delle Storie di Livio, ma tenendo conto anche di altre parti dellopera dello storico antico, illustra i grandi princģpi informatori del realismo politico. Iniziati prima del Principe, in quanto opera pił specificamente dottrinale, vennero sottoposti a lunga elaborazione (1513-1521). I tre libri in cui si dividono sono dedicati a tre questioni fondamentali: il primo alla costituzione dello Stato, il secondo ai suoi allargamenti territoriali, il terzo alla sua stabilitą e alle trasformazioni che tuttavia subisce nel corso degli anni sino al momento della decadenza. Ma la divisione in libri č tuttaltro che rigida, né la lezione estratta da Livio basta a spiegare la ricchezza e la complessitą del pensiero qui contenuto.
Il "Principe", di 26 capitoli, intitolato latinamente De principatibus, scritto nel 1513, completato e ritoccato non pił tardi del primo semestre del 1514; venne dedicato a Lorenzo di Piero de Medici, al quale č pure rivolto lultimo capitolo (XXVI), scritto verosimilmente al tempo della dedica (1515), per esortarlo a liberare e unificare politicamente lItalia. Il trattato, nato da eccezionale fervore intellettuale, e pił di ogni altro scritto del Machiavelli atto a farne conoscere il pensiero e lo stile, retto da una logica serrata, sprezzante di abbellimenti letterari ma ricco di estro immaginativo, č strutturato in tre parti: una prima (capp. II -XI) sui vari tipi di principati con interesse speciale per i principati di nuova costituzione e contenente un acuto esame della politica di Cesare Borgia; una seconda (capp. XII- XIV) sul problema delle milizie; una terza (capp. XV -XXV) nella quale, posta la distinzione tra politica e morale, sono illustrate con spregiudicatezza le norme cui deve attenersi il principe. Benché il breve trattato per la sua ispirazione sia opera fortemente unitaria e tra capitolo e capitolo, tra argomento e argomento siano strettissimi i rapporti logici, č nella terza parte che si trova compendiata nella forma pił suggestiva la teoria machiavelliana. Qui il riconoscimento dellautonomia della politica assume il forte colorito drammatico per il quale Machiavelli, anziché assertore di immoralismo, ci appare il fondatore di unetica nuova, decisamente realistica. Qui il destino delluomo politico che deve usare la ragione e la forza e sapere "stare in su la golpe e in sul lione", risulta tuttaltro che una celebrazione della tirannide. Ed č pure nella terza parte che trova la sua formulazione pił limpida il concetto di virtł e fortuna, nel quale sta il fondamento della concezione moderna della storia, intesa come fatto tutto umano, regolato dal rapporto dialettico tra lazione dellindividuo e la realtą nella quale egli si trova a operare.
Sono ancora da ricordare:
"Dellarte della guerra", trattato in sette libri, composto negli anni 1519-1520. Dedicato a Lorenzo Strozzi, finge di riferire conversazioni avvenute negli Orti Oricellari, a Firenze, tra Cosimo Rucellai, Zanobi Buondelmonti, Battista della Palla, Luigi Alamanni e il grande condottiero Fabrizio Colonna, al quale lautore fa esporre le sue stesse idee. Dal punto di vista tecnico sono importanti la difesa della fanteria rispetto alla cavalleria, la svalutazione dellartiglieria, il tentativo di ricavare dallorganizzazione dellantico esercito romano una lezione valida per i tempi moderni. Ma pił importa nel trattato lispirazione politica, per quello che vi č detto sulla necessitą delle milizie cittadine e per il modo nel quale il problema militare č connesso a quello della libertą dItalia.
"La Mandrįgola", commedia in prosa con prologo e brevi intermezzi in versi scritta nel 1518 e probabilmente rappresentata per la prima volta a Firenze nel carnevale dello stesso anno. Lazione si svolge a Firenze: il giovane Callimaco, innamoratosi di Lucrezia, moglie giovane e onesta del vecchio e sciocco messer Nicia, con la complicitą del parassita Ligurio e la connivenza di Sostrata, madre di Lucrezia, e di frate Timoteo, confessore delle due donne, riesce a possedere lamata. Il titolo viene dalla pozione derba mandragola che Callimaco, fingendosi conoscitore di medicina, prescrive a Lucrezia perché possa aver figli. Nonostante i tratti buffoneschi coi quali č rappresentato messer Nicia, la commedia, che č il capolavoro del teatro italiano del Cinquecento, si ispira a una concezione morale fortemente pessimistica, accentuata nei personaggi di frate Timoteo e Sostrata.
Nei "Discorei", che furono iniziati prima ancora del "Principe", poi sospesi e ripresi dopo la stesura dell'opera maggiore, il Machiavelli afferma che se per far divenire forte uno stato occorre l'opera d'un solo, quando lo stato č forte č preferibile che venga retto da un governo repubblicano.
"Clizia", recitata nel 1525. Derivato dalla Casina di Plauto e rappresenta lamore di un padre e dun figlio, Nicomaco e Cleandro, per Clizia, con la conclusione delle nozze tra i due giovani.
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